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Direttiva europea sulle riparazioni, non discriminare gli artigiani indipendenti

A cura dell’Ufficio Stampa
uff.stampa@confartigianatofc.it

E’entrata in vigore a fine luglio la Direttiva europea 2024/1799 recante norme comuni che promuovono la riparazione dei beni e gli Stati membri dell’Ue hanno 24 mesi di tempo per recepirla. Per Confartigianato, la direttiva rappresenta una tappa per promuovere un’economia più sostenibile e circolare e apre prospettive per rilanciare l’attività dei piccoli riparatori indipendenti, creando per i consumatori un’alternativa alla cultura dell’“usa e getta”.

Nel settore delle riparazioni operano 141mila artigiani e piccole con 386mila addetti (dagli impiantisti ai sarti, dagli autoriparatori ai manutentori di ascensori fino ai riparatori di elettrodomestici e agli orologiai).
Da molti anni – afferma il Gruppo di presidenza di Cesena (Daniela Pedduzza, Stefano Soldati e Fulvia Fabbri) – Confartigianato chiede che i riparatori indipendenti di beni personali e per la casa possano operare alle stesse condizioni dei riparatori autorizzati, vale a dire con il diritto di accedere liberamente a tutti i pezzi di ricambio e agli strumenti e alle informazioni tecniche fornite dai produttori. Questo permetterebbe di eliminare le barriere e le disparità di trattamento che ancora oggi ostacolano migliaia di artigiani e piccole imprese nella loro attività sul mercato delle riparazioni”.
Confartigianato confida in un’applicazione rapida e soprattutto sensibile alle aspettative delle piccole imprese attive nei settori della riparazione. “Il testo della direttiva definitivamente approvato a luglio rimane ambiguo – prosegue il Gruppo di Presidenza – sull’accesso ai pezzi di ricambio da parte dei riparatori indipendenti e i prodotti riparabili sono pochi. Confartigianato auspica che, in fase di recepimento della direttiva in Italia, venga garantita effettiva equiparazione di condizioni tra riparatori indipendenti e autorizzati. La direttiva, inoltre, deve agevolare le imprese. Quindi strumenti come la piattaforma per la riparazione o il modulo europeo di riparazione non devono tradursi in nuovi oneri amministrativi”.