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Brexit no deal, riflessi sull’export
A cura dell’Ufficio Stampa
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Mancano meno di due mesi alla Brexit del 31 ottobre 2019 e la sospensione dei lavori del Parlamento inglese fino al 14 ottobre potrebbe restringere gli spazi di negoziazione di un accordo con l’Unione europea.A giugno 2019 le esportazioni italiane verso il Regno Unito ammontano, su base annua, a 24.546 milioni di euro, risalendo all’1,4% del PIL e uguagliando il precedente massimo del 2015. I timori di una Brexit senza accordo hanno accelerato le importazioni del Regno Unito di prodotti made in Italy: come evidenziato da una nostra recente analisi, tra gennaio e giugno 2019, gli acquisti di prodotti italiani sono cresciuti del 9,5% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, ampiamente al di sopra del +2,7% del totale export italiano nel Mondo.
“Le vendite nel Regno Unito nei settori di micro e piccola impresa (mpi) – alimentare, moda, legno e mobili, prodotti in metallo e gioielleria – informa il Gruppo di Presidenza di Confartigianato Cesena – rappresentano il 33,5% delle esportazioni verso il paese. Nel confronto internazionale l’Italia è il terzo paese dell’UE 28 per quanto riguarda l’export nel Regno Unito dei settori di MPI”
Una analisi del Rapporto ICE-Istat 2017 – evidenzia che se si registrasse una Brexit no deal i rapporti commerciali tra Ue e Regno Unito sarebbero regolati dalle norme dell’Organizzazione mondiale del commercio, con l’applicazione della clausola della “nazione più favorita” secondo la quale ogni stato si impegna ad accordare a ogni altro lo stesso trattamento concesso a tutti i paesi con cui non esistono specifici accordi commerciali bilaterali. “Per l’Italia – prosegue il Gruppo di Presidenza Confartigianato Cesena – l’applicazione di questo regime commerciale determinerebbe dazi elevati per alcuni comparti dove è maggiore la presenza delle micro e piccole imprese anche del nostro territorio cesenate e romagnolo e in particolare per l’agroalimentare, con un dazio medio del 13%, per l’abbigliamento con un dazio medio dell’11% e delle calzature a cui si applicherebbe un dazio medio del 9,1%; nel complesso la moda sarebbe gravata di un dazio del 10,4%. Nel complesso i comparti del food, moda e auto valgono il 30,2% del made in Italy nel Regno Unito e in media registrerebbero un dazio del 10,6% a fronte del 5,0% medio delle esportazioni sul mercato britannico.
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Credits: Federico Lodesani